Scienza & Medicina

Fattori scatenanti la riacutizzazione delle M.I.C.I.


Questo argomento è stato trattato
nell'assemblea ordinaria dei soci di A.M.I.C.I. Lombardia del 10 aprile 1999.
Abbiamo chiesto ai relatori presenti di inviarci un riassunto di quanto detto.

Com'è ben noto a tutti i Pazienti affetti da morbo di Crohn o da colite ulcerosa, l'andamento di queste malattie è imprevedibile e molto variabile sia da Paziente a Paziente, sia nello stesso Paziente in differenti periodi; accanto a Pazienti che sono raramente interessati da riacutizzazioni e godono di lunghi periodi di benessere, ne esistono infatti altri che soffrono di riacutizzazioni molto frequenti. Inoltre, non è raro che Pazienti che erano stati bene per anni ad un certo punto vivano un periodo caratterizzato da frequenti esacerbazioni, mentre in altri casi la malattia, dopo aver avuto per anni un decorso molto travagliato, ad un certo punto sembra "spegnersi", rendendo il Paziente totalmente libero da disturbi per lunghi periodi.

Di fronte a questo andamento, viene spontaneo chiedersi se sia possibile individuare uno o più fattori in grado di causare una riacutizzazione della malattia, e se quindi sia possibile individuare quali pazienti, e in quali situazioni, sono maggiormente predisposti ad avere frequenti riacutizzazioni. Le risposte che noi medici possiamo dare a queste domande sono al momento soltanto in parte esaurienti, perché, nonostante le numerose ricerche in questo campo, finora si è riusciti a far luce soltanto su un limitato numero di fattori predisponenti.

Con una certa schematizzazione, possiamo suddividere questi fattori in due grossi gruppi: di uno fanno parte fattori che chiameremo "esterni", legati cioè ad abitudini di vita o caratteristiche dell'ambiente. Sono i fattori più importanti da individuare, perché possono essere modificati ottenendo in questo modo un miglioramento del decorso della malattia. La seconda categoria riguarda invece fattori legati a caratteristiche particolari del paziente o della malattia, e pertanto non si può fare molto per modificarli.

Fra i fattori esterni, quello più noto e più importante è senz'altro il fumo di sigaretta; numerosi studi hanno infatti dimostrato senza possibilità di dubbio che nei fumatori affetti da morbo di Crohn la frequenza delle riacutizzazioni è circa il doppio rispetto ai pazienti che non fumano. Non solo: la probabilità che la malattia riappaia dopo un intervento chirurgico è pure circa doppia nei fumatori rispetto ai non fumatori. Sappiamo bene che il fumo ha molti effetti nocivi sulla salute, aumentando il rischio di tumori, di malattie polmonari e malattie cardiovascolari., per cui è ormai prassi comune consigliare a tutti di non fumare o, se si è fumatori, di smettere; questo consiglio è ancora più motivato nei pazienti con morbo di Crohn, perché cessare con questa abitudine porterà dei sicuri benefici anche sull'andamento della malattia intestinale. Una situazione diversa occorre per la colite ulcerosa: in questo caso infatti si è dimostrato che i pazienti fumatori (che sono in verità molto pochi fra quelli affetti da questa malattia) tendono ad avere sintomi leggermente meno intensi e riacutizzazioni meno frequenti; non per questo, però, ci sentiamo di consigliare a chi è affetto da colite ulcerosa di mettersi a fumare, perché gli effetti deleteri del fumo sulla salute in generale sono nettamente maggiori rispetto a questi modesti benefici sull'andamento della colite. Va anche notato che i Pazienti con colite ulcerosa, proprio perché in massima parte non fumatori, hanno un rischio di ammalarsi di tumore al polmone e malattie cardiovascolari nettamente inferiore rispetto alla popolazione generale: sarebbe veramente imprudente fare aumentare questi rischi cominciando a fumare, nella speranza di avere una lieve riduzione dei disturbi intestinali.

Al secondo posto in ordine di importanza possiamo mettere l'utilizzo dei cosiddetti farmaci antiinfiammatori non steroidei, vale a dire l'aspirina e tutta quella lunga serie di prodotti antidolorifici, antifebbrili, antinfluenzali che tutti utilizziamo spesso per controllare disturbi fastidiosi come mal di testa, influenza, dolori alla articolazioni etc, e che sono di frequente prescritti dal medico per la cura di numerose malattie, soprattutto reumatologiche o cardiovascolari. E' stato segnalato che l'uso di questi farmaci può scatenate una riacutizzazione dei sintomi delle MICI, anche se non tutti sono d'accordo. Alcuni, infatti, ritengono che non sono questi farmaci a far comparire i sintomi intestinali, ma che questa è una falsa impressione derivata dal fatto che molti pazienti, all'inizio di una riacutizzazione, scambiano i primi sintomi di essa con quelli di un'influenza e pertanto assumono farmaci antiinfiammatori. Nel dubbio, in ogni caso, in genere si raccomanda ai pazienti con MICI non di evitare del tutto l'uso di questi farmaci (che in certe situazioni sono indispensabili) ma di limitarlo a situazioni di reale necessità, e sempre dopo essersi consultati con il medico (evitare in particolare la "autoprescrizione", sulla base magari di consigli di parenti o amici!)

Negli anni passati si era sospettato che l'assunzione di antibiotici fosse un altro fattore predisponente le riacutizzazioni; questo sospetto non è mai stato confermato (anzi, alcuni antibiotici specifici come la ciprofloxacina e il metronidazolo possono essere utili e sono spesso prescritti, in situazioni particolari, nella cura delle MICI), per cui non vi è alcun problema ad eseguire terapie antibiotiche, quando necessario. Esiste invece qualche evidenza del fatto che banali infezioni virali (come l'influenza) o gastroenteriti acute possano scatenare una riacutizzazione sia del morbo di Crohn, sia della colite ulcerosa.

Per completare il quadro dei fattori "esterni" va detta qualche parola sugli anticontraccettivi estroprogestinici (in altri termini, la "pillola anticoncezionale") che ogni tanto, anche sugli organi di informazione, viene additata come un possibile fattore aggravante l'andamento del morbo di Crohn. E' vero che l'utilizzo di questi farmaci fa aumentare, anche se di poco, il rischio di ammalarsidi morbo di Crohn. Molto recentemente alcuni studi hanno anche insinuato il sospetto che le donne con diagnosi accertata di morbo di Crohn che utilizzano contraccettivi orali possano avere riacutizzazioni più frequenti o sintomi più gravi rispetto alle donne che non ne fanno uso; sono comunque segnalazioni molto preliminari, che fra l'altro contrastano con studi precedenti, i quali avevano invece escluso ogni influenza di questi farmaci sull'andamento dei sintomi intestinali. Pertanto, per il momento non vi è alcun motivo (almeno ad avviso di chi scrive) di sconsigliare l'utilizzo degli estroprogestinici alle donne con il morbo di Crohn. E' in ogni caso consigliabile discutere l'indicazione ad utilizzare questi farmaci con il medico, anche perché alcuni noti effetti collaterali dei contraccettivi (in particolare le tromboflebiti alle gambe) possono in situazioni particolari essere favoriti dalla presenza della malattia intestinale. Le stesse cose valgono anche per le terapie ormonali sostitutive nelle donne in menopausa, che fra l'altro possono essere utili nelle pazienti con morbo di Crohn (soprattutto in quelle che sono o sono state curate con cortisonici) per la prevenzione dell'osteoporosi.

Infine, qualche accenno ai fattori che prima abbiamo definito come legati alla malattia. In primo luogo, è certo che il rischio di avere una riacutizzazione dipende fortemente dal numero di riacutizzazioni sofferte in passato, nel senso che i pazienti che hanno già avuto molte riacutizzazioni sono più predisposti ad averne altre in seguito. Inoltre, il rischio di avere una riacutizzazione è più alto nei mesi immediatamente seguenti la riacutizzazione precedente; man mano che ci si allontana da questo periodo, il rischio progressivamente diminuisce, per cui i pazienti che stanno bene da anni hanno un rischio basso (anche se, purtroppo, non nullo) di sperimentare a breve una ripresa dei sintomi. Come detto in precedenza, anche se può essere utile sapere queste cose per avere, in termini probabilistici, un'idea di quale decorso ci si deve aspettare in futuro, bisogna ricordare che non è possibile in alcun modo modificare queste situazioni.

Fra i pazienti con morbo di Crohn, ne esistono alcuni che, anche nei periodi di remissione, continuano ad avere elevati valori degli indici ematici indicanti la presenza di infiammazione (velocità di sedimentazione, mucoproteine, proteina C reattiva etc): questi pazienti hanno un rischio di una ripresa dei sintomi decisamente più alto rispetto ai pazienti in cui questi indici tornano nella norma nei momenti di benessere; pertanto, proprio in questi soggetti è maggiormente consigliabile proseguire scrupolosamente le terapie di mantenimento. Secondo alcuni, lo stesso discorso vale per i pazienti con colite ulcerosa che continuano a manifestare segni endoscopici di infiammazione dopo la scomparsa dei sintomi, tanto che alcuni (non tutti) consigliano di proseguire la terapia della recidiva fino ad ottenere la completa normalizzazione anche del quadro endoscopico.
Esistono numerosi altri fattori che sono stati a volte indicati come associati ad una maggior frequenza di riacutizzazioni, ma queste impressioni non sono mai state sufficientemente corroborate, per cui non è il caso di accennarne in questa trattazione.

Dott. Gianmichele Meucci
Medico di I Livello
Seconda Divisione di Medicina
Ospedale Generale di Zona "Valduce" di Como