Scienza & Medicina

Quali fattori favoriscono l'insorgenza delle malattie infiammatorie intestinali o ne aggravano l'andamento?


E' abituale che i ricercatori che studiano malattie di cui non si conosce la causa, si concentrino sul tentativo di identificare fattori che si associno ad un rischio aumentato di ammalarsi (o di avere una malattia più grave), nella speranza che questo possa aiutare a risalire alla causa della malattia stessa.
Inevitabilmente, questo succede anche nel caso delle malattie infiammatorie intestinali: nella letteratura scientifica compaiono pertanto molto di frequente nuove notizie riguardo associazioni fra la malattia di Crohn o la colite ulcerosa da una parte, ed i più disparati fattori demografici, clinici, dietetici e via discorrendo dall'altra. Poichè queste notizie sono spesso riprese da giornali divulgativi, e purtroppo non sempre con la necessaria obiettività, è utile fare il punto della situazione.

In primo luogo, come molti dei pazienti già sanno, le malattie infiammatorie intestinali presentano una certa tendenza alla familiarità: questo significa che i parenti prossimi (genitori, figli e fratelli) di un paziente ammalato hanno un rischio di ammalarsi più alto rispetto al resto della popolazione, e questo rischio è, all'incirca, pari all'uno per cento. Va subito notato che questo non significa che si tratti di malattie "ereditarie" nel vero senso della parola (non si trasmettono cioè dai genitori ai figli con caratteri genetici) e che il rischio di ammalarsi di un parente di un soggetto ammalato, se pur è aumentato, resta comunque basso in termini assoluti: in pratica, 99 parenti su 100 di un soggetto ammalato non si ammaleranno mai. Non esiste quindi motivo di allarmarsi per il destino dei propri congiunti, ma è sufficiente consigliar loro di farsi visitare il più presto possibile qualore dovessero iniziare ad accusare disturbi intestinali.

Un fattore molto importante è invece rappresentato dal fumo di sigaretta: numerosi studi hanno inequivocabilmente dimostrato che i fumatori hanno un rischio di ammalarsi di malattia di Crohn molto più alto dei non fumatori. Non solo: i pazienti con malattia di Crohn che continuano a fumare hanno riacutizzazioni della malattia più frequenti e se operati, tendono a riammalarsi più in fretta e più spesso. Sembra inoltre che anche il fumo passivo (cioè il convivere con una persona che fuma pur non essendo a propria volta fumatore) sia a questo proposito molto dannoso.
E' quindi molto importante che i pazienti con malattia di Crohn si astengano dal fumare.
Al contrario, la colite ulcerosa insorge più spesso nei non fumatori e ancora di più negli ex-fumatori, ed i pazienti ammalati di colite ulcerosa che fumano, pare abbiano meno riacutizzazioni rispetto a chi non fuma.


Per quanto riguarda l'utilizzo dei
contraccetivi orali, è effetivamente vero che le donne che ne fanno uso hanno rischio di ammalarsi di malattia di Crohn (per la colite ulcerosa il problema non esiste) leggermente più alto rispetto alle donne che non ne fanno uso.
Questo fatto è considerato interessante, dal punto di vista scientifico, come spunto per tentare di capire la vera cusa della malattia, ma non deve in alcun modo generare allarme o indurre le pazienti a modificare il loro comportamento
A prova di ciò, un'accurata revisione dei dati disponibili (pubblicata su un'autorevole rivista inglese) ha dimostrato che il rischio di ammalarsi di una donna che utilizza questi farmaci è soltanto di una volta e mezza più alto rispetto a quello di una donna che non li assume: tradotto in cifre, se una donna che non assume i contraccettivi ha ogni anno 2 probabilità su centomila di ammalarsi, una che li assume ne ha 3 su centomila (un rischio si, ma comunque bassissimo!).
Ancora più debole è il sospetto che l'uso dei contraccettivi possa aggravare l'andamento della malattia di Crohn; alcuni studi hanno infatti suggerito una eventualità di questo tipo, ma altri l'hanno esclusa.

Un altro fattore importante è rappresentato dall'utilizzo dei cosidetti FANS o "farmaci antinfiammatori non steroidei", vale a dire quell'ampia categoria di medicinali che vengono comunemente utilizzati a scopo antinfiammatorio, antidolorifico e antifebbrile.
E' stato dimostrato che il loro utilizzo (che beninteso, in molte situazioni è assolutamente irrinunciabile) può causare delle forme di colite o di enterite molto simili alla colite ulcerosa e alla malattia di Crohn. Inoltre nei pazienti affetti da M.I.C.I. l'assunzione di questi farmaci sembra possa favorire (anche se non tutti sono d'accordo) una riacutizzazone.
Per questo viene raccomandato ai pazienti di non assumere mai di propria iniziativa farmaci antidolorifici o "antinfluenzali", ma di consultare prima il proprio medico, per essere consigliati per il meglio.

Per quanto riguarda la dieta, nonostante molte ricerche al riguardo, non è mai emerso nulla di sostanziale: nel corso degli anni molti alimenti sono stati prima "incriminati" e successivamente "scagionati" dall'accusa di favorire  l'insorgenza delle M.I.C.I.: ultimo a salire sul banco degli imputati è stato il "fast-food" che in uno studio è stato associato ad un elevato rischio di ammalarsi sia di malattia di Crohn sia di colite ulcerosa: in mancanza di ulteriore conferme, tuttavia, anche questa segnalazione non deve essere presa sul serio.
Anche la teoria, abbastanza di moda qualche hanno fa, secondo cui molte riacutizzazioni della malattia di Crohn potrebbero essere scatenate dalla intolleranza ad alcuni cibi (e, quindi, identificare e eliminare dalla dieta questi cibi potrebbe migliorare le cose) non è mai stata confermata e, anzi, sembra essere smentita dagli studi più recenti.
Un pò più credibile sembra il fatto che la malattia di Crohn insorga più di frequente in chi assume molti zuccheri raffinati e meno di frequente in chi assume molte fibre vegetali, ma non è chiaro come debba essere interpretato questo fatto.
In ogni caso, non sembra che una modifica delle abitudini dietetiche nei pazienti già ammalati possa influire sull'andamento della malattia.

Infine si può ricordare (ma è solo una curiosità) che le persone sottoposte ad asportazione dell'appendice pare si ammalino di colite ulcerosa meno spesso di quelle che non hanno subito questa operazione: anche in questo caso, se il dato può essere interessante per gli studiosi dell'argomento, non ha alcuna rilevanza ai fini pratici (l'appendice va asportata soltanto quando è necessario!).

Dott. Giorgio Minoli
Primario Divisione Medicina 2° Unità di Gastroenterologia
Dott. Gianmichele Meucci
Assistente
Ospedale Valduce - Como