La terapia con immunosoppressori



Nel decorso di una M.I.C.I. può arrivare il momento in cui il paziente riceve dal gastroenterologo curante la prescrizione di un farmaco immunosoppressore. Si tratta di una classe di farmaci che, esercitando un’azione di depressione su alcune componenti del sistema immunitario, si propongono di influenzare uno degli aspetti patogenetici della malattia di Crohn e della rettocolite ulcerosa, rappresentato da un’attivazione in qualche modo "distorta" del sistema immunocompetente.

I farmaci immunosoppressori di più largo uso, in quanto codificato da un’esauriente letteratura, sono l’azatioprina, la 6-mercaptopurina e il methotrexate. Sono in corso studi preliminari con altri immunosoppressori, il cui uso non è a tutt’oggi proponibile su vasta scala, al di fuori di studi controllati.

La situazione più frequente in cui si prende in considerazione l’uso dell’immunosoppressore, sia nella malattia di Crohn che nella rettocolite ulcerosa, è la malattia che necessita di una terapia corticosteroide pressoché continua per evitare al paziente una altrettanto continua attività di malattia. In effetti in un’elevata percentuale di casi ( almeno 2/3 ), si è in grado di ridurre il dosaggio o addirittura di sospendere lo steroide. Nella malattia di Crohn un’altra indicazione è rappresentata dalla presenza di fistole, sia interne che perianali, che migliorano o addirittura guariscono nel 65-85 % dei casi.

I problemi che l’adozione di questa terapia comporta sono costituti da :

- risposta terapeutica tardiva ( gli effetti vantaggiosi possono essere evidenti dopo 3-6 mesi dall’inizio della terapia);

- non praticabilità di una terapia prolungabile indefinitamente; peraltro esistono studi che documentano la sicurezza anche per somministrazioni portate avanti per 5 anni o più;

- necessità di monitoraggio periodico dell’emocromo, per la possibile depressione midollare indotta dal farmaco, con riduzione specialmente di globuli bianchi e piastrine ( 2-5 % dei casi ).

Gli effetti indesiderati da terapia immunosoppressiva sono presenti, globalmente, nell’8-15% dei pazienti trattati: possono essere di tipo "allergico" ( pancreatite, febbre, eruzioni cutanee, dolori articolari e addominali, nausea e diarrea ) e di tipo "non allergico" ( depressione midollare, infezioni ed epatite ).

Decisamente da ridimensionare è il timore di una maggiore incidenza di tumori indotti da questo trattamento.

L’uso degli immunosoppressori è accettato anche in età pediatrica.

Per quanto riguarda la gravidanza, non viene documentato un rischio di malformazioni fetali superiore a quello della popolazione generale, per assunzione di immunosoppressore prima o durante il concepimento o durante la gravidanza. Quindi l’assunzione di tali farmaci non sembra costituire una controindicazione alla gravidanza né una chiara indicazione all’aborto. Quest’ultimo deve costituire una decisione individuale da parte dei genitori adeguatamente informati. Durante la terapia immunosoppressiva è comunque consigliabile la contraccezione.

Dott. Renzo Gullotta
Divisione di Gastroenterologia
Ospedale Circolo Varese
Endoscopia digestiva

 

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