Scienza & Medicina

Farmaco anti-TNF nella malattia di Crohn


A seguito di pubblicazione sulla stampa di notizie relative a un nuovo farmaco da utilizzarsi nella terapia della malattia di Crohn, abbiamo ritenuto opportuno sentire il parere del Prof. Massimo Campieri al policlinico S.Orsola di Bologna, ospedale presso il quale questo farmaco verrà inizialmente sperimentato in Italia.
Vi riportiamo di seguito il testo della conversazione avuta il 2 febbraio 1999.

“Nel corso degli ultimi 20 anni  c’è stato un grosso lavoro di ricerca sperimentale volto a conoscere i meccanismi dell’infiammazione nelle MICI. Oggi noi conosciamo che l’infiammazione è un processo multipotente, è un processo che una volta innescatosi da luogo alla liberazione di un enorme numero di mediatori chimici ( mediatori dell’infiammazione ) che amplificano a cascata il processo infiammatorio. Se qualcuno di essi possa giocare un ruolo fondamentale non è chiaro. Quello finora ritenuto più importante  è la citochina denominata TNF ( Tumor Necrosis Factor ), probabilmente è una citochina chiave : se essa è liberata da luogo alla liberazione di molti altri mediatori. Allora se pensiamo di inibirla , forse si può bloccare il processo infiammatorio. E’ quello che alcuni studi hanno fatto negli ultimi 2-3 anni. Tramite la biologia molecolare si sono “costruiti” anticorpi chimerici ( in parte umanizzati e in parte no ) specifici contro il TNF ( anche se si ritiene che l’azione possa essere più complessa e investa più meccanismi ) che utilizzati in pazienti affetti da malattia di Crohn hanno determinato una risposta di grande portata, poiché in un periodo di tempo ragionevolmente breve hanno permesso di modificare in maniera sostanziale le lesioni tipiche rilevabili endoscopicamente in questa malattia.
Dapprima studi preliminari, poi studi su più larga scala ne hanno evidenziato una certa efficacia terapeutica soprattutto su nei pazienti che non rispondevano alle terapie tradizionali. Su questa spinta il farmaco è stato registrato negli Stati Uniti e presto sarà utilizzato in Italia ( a Bologna ), nell’ambito di uno studio clinico multicentrico internazionale e poi più avanti per il cosiddetto “uso compassionevole” in alcuni malati.”

- Quali sono i pazienti ai quali è indirizzato per il momento l’utilizzo di questo nuovo farmaco ?

“In questa fase è mia opinione si debba usare in pazienti  che hanno una storia travagliata e che non rispondono alla terapia tradizionale. Quello che ribadisco in questo momento è che la prudenza è d’obbligo, anche perché abbiamo tra le mani un farmaco molto potente e come tale andranno valutati molto attentamente sia i benefici che gli effetti collaterali. Tra l’altro uno dei problemi segnalati, soprattutto dopo somministrazioni ripetute, è la comparsa di anticorpi contro il fattore anti-TNF, ma quanto essi siano biologicamente importanti, magari diminuendo l’efficacia del farmaco, non è chiaro; questo è uno dei problemi ai quali si deve dare una risposta.
Ciò che si può affermare è che oggi è difficile dire se esso manterrà tute le sue promesse.
In un periodo di tempo di 3-4 anni potremo valutarne limiti e vantaggi ma ciò che importa sottolineare è che, al di la dei risultati specifici che otterremo con questo farmaco, esso è un prototipo che apre la strade a una serie di farmaci del futuro, che apre una strada veramente innovativa. Non dobbiamo tuttavia dimenticare che nei due decenni trascorsi vi è stata anche una notevole mole di studi clinici sulla malattia di Crohn, la quale è servita a posizionare meglio i farmaci a disposizione, come i cortisonici, che rimangono la prima scelta nella riacutizzazione, talvolta integrati dai nuovi cortisonici ad assorbimento limitato e minori effetti collaterali, come l’acido 5-aminosalicilico ( 5 ASA ) che ha qualche efficacia nella terapia di mantenimento soprattutto nei pazienti già sottoposti a intervento chirurgico, come gli immunosoppressori rappresentati principalmente dall’azatioprina che se usati bene possono ridurre il numero delle ricadute e favorire lo spegnimento della malattia laddove essa tende a resistere alle altre terapie, gli antibiotici, la nutrizione parenterale, i supporti nutrizionali (ad esempio gli omega-3 ) e in determinate situazioni il ricorso alla chirurgia.
Oggi cioè abbiamo migliorato e riposizionato una gamma di opzioni terapeutiche che solo 20 anni fa erano confuse, migliorando sicuramente la qualità della vita dei pazienti affetti da malattia di Crohn . Non va scordato che al giorno d’oggi la maggior parte di queste persone conduce una vita praticamente normale.
Queste cose ci fanno pertanto guardare al futuro con la fiducia che si potrà vieppiù migliorare la condizione di questi pazienti.